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  • Immagine del redattoreLa Casina delle Storie

Oggetto numero 004

Aggiornamento: 19 set 2018

IN CUNNEJIO, O NON CAPISCO



La lingua madre di uno strano cane a forma di orsetto col pelo matto, come lo hanno sempre definito quaggiù, un ibrido tra un pastore belga e un velociraptor, di anni 7, esodato e adottato da una famiglia di veterinari peruviani, è il Cunnejio.

Il cane però è una femmina, bianconera, il cui nome significa Saggezza.

Da una scatola di cartone proveniente dalle colline toscane approda ad una casa violenta col granito degli anni ’70, dove si tentano adozioni di persone ed animali e dove tutto finisce tra vetri rotti, alcool, muri sporchi e carta stracciata, al quarto piano di uno stabile caldo, ricettacolo di traumi infantili, corse alla salvezza, abbandoni.

Il cunnejio si parla con la parola della pancia mescolata a quella della follia bambina. Si usa sostituire la O con la U per costruire ponti ribaltati o gallerie di suono, da leggere con gli occhi.

Si intervallano verbi a piccoli ululati, si fa il gioco degli animalissimi di notte, al termine di ogni curva che porta davanti ad un campo, dentro cui lo sguardo cerca caprioli in branco, lepri, basta anche un gatto.

C’è anche una canzoncina, che tutti mi fanno cantare, che ripete come mantra la stessa strofa e culmina in un acuto strabiliante.

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